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COLORO CHE RITORNANO
di Henrik Ibsen

Adattamento del dramma in due atti

regia di ENZO RAPISARDA

Personaggi e interpreti



Helene Alving

RITA VIVALDI

 

Osvald Alving suo figlio

MARCO VALLARINO

 

Pastore Manders

ENZO RAPISARDA

 

Jacob Engstrand

DOMENICO VERALDI

 

Regina sua figlia

ANNA RAPISARDA

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Staff 

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Foto di scena
Michele Albrigo


Scenografia e costumi:
Laboratorio N.C.T.

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Direzione luci e suono:

Khristopher Ramos Villegas


Regia:
Enzo Rapisarda


Produzione e messa in scena:
Nuova Compagnia Teatrale

Scritta nel 1881, durante il periodo in cui Ibsen soggiornava in Italia e precisamente tra Roma e Sorrento, "Coloro che ritornano" rappresenta uno dei suoi drammi più significativi. La prima avvenne a Chicago nel 1882 e in Italia fu portato in scena nel 1892 dalla grande Eleonora Duse. Il testo fu a lungo escluso dalle scene in Norvegia a causa degli argomenti trattati, giudicati dalla morale borghese troppo scandalosi. L’opera si propone come un classico sull’individuo alle prese con la Verità, in un accattivante incedere svelando il marcio che esiste all’interno del singolo e della società. La vicenda si svolge in un austero salotto borghese di una casa di campagna norvegese. La signora Helene Alving, vedova di un capitano di corte stimato e ammirato dalla gente del luogo, è in procinto di inaugurare un asilo intitolato al marito nel tentativo di onorarne la memoria e la stima. E’ una donna forte, intelligente e colta, ma che ha vissuto una vita basata sulla menzogna. Infatti il defunto marito in realtà è stato un uomo dissoluto e libertino, inetto e incapace, che Helene non ha mai amato ma che è stata costretta dalla sua famiglia a sposare, per garantirsi una posizione sociale di tutto rispetto.  Nel tentativo disperato di nascondere al figlio Osvald la vera natura del padre, lo ha allontanato da casa fin da bambino, accettando di essere considerata da tutti una madre fredda e distante. Ma Osvald ritorna da Parigi dove è diventato uno stimato pittore e Helene si trova a dover affrontare “gli spettri” del passato che puntualmente tornano ad assalirla. Helene si dibatte in una società bigotta e ipocrita, intrisa di convenzioni e repressioni, che il pastore Manders, amico di famiglia, unico grande amore di Helene, incarna e sintetizza in un rigore e in una austerità che non lascia spazio ai sentimenti e alle passioni. Lo svolgersi del dramma assume i contorni della tragedia moderna:  la Verità emergerà piano piano nella malattia che Osvald ha ereditato dalla dissolutezza del padre, nel crollo delle illusioni di Regina, serva di casa, figlia del rozzo e ubriacone  falegname Engstrand e perciò desiderosa di una vita più nobile, innamorata e ricambiata da Osvald , ma che dovrà fare i conti con un passato oscuro. In "Coloro che ritornano"  tutti sconteranno i loro peccati, volutamente commessi o edipicamente insiti nella loro natura, colpevoli di essere nati e cresciuti nella menzogna altrui. Tutti sono vinti dalla forza distruttiva della Verità, pagando la scelta delle belle apparenze da indossare come un costume per la società. Forte è anche il simbolismo presente nell’opera in cui la pioggia continua e insistente non riesce a lavare le colpe, il fuoco con la sua potenza distruttiva riesce a far crollare il teatrino delle apparenze e il sole rappresenta una luce salvifica che Osvald continuerà a cercare fino alla fine. Ibsen affronta temi forti come la differenza di classe, il matrimonio come istituzione, la libertà sessuale, l’incesto, ma anche temi attuali come l’eutanasia, la malattia terminale, raccontando come sia difficile liberarsi dai nostri demoni e dai nostri fantasmi, in un finale modernamente aperto in cui Helene si troverà ad affrontare una realtà sconvolgente che la costringerà ad una scelta agghiacciante.

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